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City Angels Torino: una nuova sede e uno sportello di ascolto

Quarta città d’Italia per numero di abitanti (870.000), dopo Roma, Milano e Napoli, Torino, prima capitale d’Italia, ha una lunga storia culturale, industriale e artistica. E come tutte le grandi metropoli vive le contraddizioni del nostro tempo, tra importanti accelerazioni verso il futuro e un crescente disagio di chi si trova ai margini della società.
Ida Testa, nome in codice Harley, coordinatrice della sezione Torinese dei City Angels ci racconta la situazione e gli sviluppi futuri.

A Torino dal 2008

A Torino i City Angels sono presenti dal 2008.
La sezione torinese degli Angeli della Strada da due anni è coordinata da Ida Testa, nome in codice “Harley”, volontaria dal 2018, che così racconta:
“In questo momento siamo 17 volontari di cui qualcuno non ancora effettivo. Riusciamo a coprire una media di tre serate a settimana con le uscite su strada. Tutte le domeniche mattine in collaborazione con Specchio dei Tempi distribuiamo la colazione dei poveri per un totale di 120 sacchetti contenenti generi alimentari e un buono per un caffè caldo in un bar convenzionato”.

Come spesso accade, nelle loro uscite su strada i City Angels hanno a che fare con utenti abituali e non: 10 a un massimo di 30 a serata. Sono numerose le segnalazioni che arrivano da cittadini preoccupati dalle persone che si apprestano a sistemarsi per la notte.

Superare la diffidenza

“Dopo la pandemia – racconta Harley – ho notato un aumento della povertà e di conseguenza un numero maggiore di senza fissa dimora. Alcuni lavorano di giorno e si fermano poi a dormire per strada se non hanno documenti o un contratto di lavoro regolare che permetta loro di affittare casa”.
In generale Harley rileva molta diffidenza per le istituzioni per la paura di essere “rispediti” nel paese di origine o per la scarsa informazione che hanno sui servizi offerti dalla città.
“I dormitori sono pieni e comunque non sufficienti. Molti preferiscono vivere per strada a causa delle regole dei dormitori o perché non possono portare con loro il cane.  Non c’ è più distinzione tra le varie nazionalità perché ci sono molti italiani che ormai vivono per strada. Si conoscono tutti tra di loro e si aiutano se possono”.

Ma è l’atteggiamento dei cittadini quello che colpisce di più: “Alcuni sono preoccupati, altri disgustati ma quello che li accomuna è la paura di avvinarsi ai clochard perché non sanno come comportarsi o perché hanno paura di una loro reazione. Nello stesso tempo vorrebbero dare una mano ma preferiscono che a farlo siamo noi perché ci ritengono più esperti”.
Il bisogno è comunque cresciuto: nell’ultimo anno il numero delle chiamate è cresciuto del 50% e si ricevono chiamate e richieste anche durante la notte.
“Non è semplice far capire ai cittadini la trafila per accedere ai dormitori, che non si possono obbligare le persone a recarvisi, o quali possono essere i problemi che portano una persona a non avere riparo per la notte. I cittadini a volte vedono solo un’altra persona che dorme fuori, al freddo e non si rendono conto che può esserci una storia dietro ognuno di loro”. 

Una nuova sensibilità nei giovani

Fortunatamente, nell’ ultimo anno a causa di questi evidenti segni di emarginazione e di aumento della povertà, Harley ha potuto riscontrare un aumento dei giovani che si interessano di queste tematiche.
“A partire da studenti universitari, gruppi scout, ragazzi delle scuole superiori. Vengo spesso contattata anche solo telefonicamente per avere informazioni o per andare a parlare nelle scuole. Qualcuno si presta anche a voler fare una uscita su strada insieme a noi. Questa ritengo sia una cosa molto positiva in un momento in cui davvero le persone sono in difficoltà”.

Una nuova sede a febbraio

Guardando ai suoi due anni da coordinatrice, Harley sottolinea il percorso compiuto: “Al mio primo anno da coordinatrice siamo stati sfrattati dalla nostra sede, abbiamo perso molti volontari ed eravamo rimasti in 8.   È stato molto difficile riorganizzarsi senza una base di appoggio. Ci trovavamo per strada, preparavamo tè e caffè a casa e zaino in spalla si partiva, ma abbiamo continuato lo stesso. Oggi ancora non siamo sufficienti per riuscire a coprire tutte le richieste che ci vengono fatte, ma sono molto fiduciosa perché finalmente da ottobre abbiamo una nuova sede anche se non è ancora stata inaugurata. L’ inaugurazione sarà il 4 febbraio”.

Con la nuova sede dovrebbe essere attivato anche uno sportello che non sarà solo di ascolto ma servirà a dare tutte le indicazioni necessarie per i senza fissa dimora o per i cittadini che vogliono aiutarli per avere l’assistenza medica, per sapere come svolgere pratiche burocratiche e per indirizzarli alle strutture ricettive, dove possono farsi una doccia, dove possono andare a mangiare.   

In più, per i senza fissa dimora, l’intenzione è quella di dar vita a  una specie di negozio, dove possano venire a scegliersi i vestiti e le scarpe che ci vengono donati in modo tale da farlo al caldo, offrendo loro un tè o un caffè , dove abbiano modo di poter anche ricaricare il telefono.  Tutto a titolo gratuito.

“Mi piacerebbe fare delle serate formative per i giovani per sensibilizzarli ulteriormente, sarebbe bello coinvolgere qualche clochard e invitarlo a parlare di sé, anche se, mi rendo conto che non tutti sono disposti a farlo.   Ma sono sempre fiduciosa che questo possa avvenire”.

La scarsa informazione, la paura e il giudizio sono forse le problematiche più importanti da affrontare.
“Sono persone che a volte hanno solo bisogno di essere ascoltate. L’ ascolto vero, interessato è una cosa che manca tanto, per cui credo sia utile dare a queste persone questo appoggio morale che spesso viene loro rifiutato e di cui in realtà hanno un estremo bisogno, forse più del cibo e di una coperta”.

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